(Corte di Cassazione, Sez. III, sent. n. 48248/18 dep. 23/10/2018)
La Suprema Corte di Cassazione, con la pronuncia indicata, ha affrontato la questione relativa alla legittimità dell’ordine di rimessione in pristino in caso di sentenza emessa ai senti dell’art. 131-bis cod.pen.
La sentenza trae origine dal ricorso proposto dall’imputato avverso la sentenza del Tribunale di Bari che escludeva la punibilità per tenuità del fatto in relazione ai reati di cui agli artt. 31, comma 1 e 44, comma 1 lett. c) d.p.r. 380/2001 (capo A) avente ad oggetto l’ampliamento di un preesistente torrino di scale di mq 3 con m. 2,45 di altezza divenuto un vano di mq 14 circa con m. 2,45 di altezza e dei reati di cui agli artt. 142, 146 e 181 d. Lgs. 42/2004 (capo B) per aver realizzato l’opera in zona vincolata paesaggisticamente dal PUTT/P in assenza di nulla osta;
Il Tribunale dichiarava l’imputato non punibile ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. e – contestualmente – ordinava la rimessione in pristino dello stato dei luoghi ai sensi degli artt. 41 d.p.r. 380/2001 e 181 d. lgs. 42/2004.
La Suprema Corte, in accoglimento del ricorso proposto dall’imputato, ha annullato la sentenza poiché l’ordine di rimessione in pristino emesso dal Tribunale è scaturito all’esito di una pronuncia di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto; a tale conclusione la Corte perviene considerando che la sentenza ex art. 131-bis cod. pen “accerta l’esistenza di una causa di non punibilità che costituisce una figura di diritto penale sostanziale, giustificata dal perseguimento di finalità connesse ai principi di proporzionalità ed extrema ratio: lo scopo primario è infatti quello di espungere dal circuito penale fatti marginali che non mostrano bisogno di pena e dunque neppure la necessità d’impegnare i complessi meccanismi del processo.”