(Corte di Cassazione, Sez. III Penale, sent. n. 52142/18 dep. 20/11/2018)
La Suprema Corte di Cassazione, con la pronuncia indicata, torna sul tema del doppio binario sanzionatorio per illeciti finanziari e della sua compatibilità con il principio del ne bis in idem; nel caso di specie, la Corte ha esaminato il ricorso proposto da un imputato avverso la sentenza della Corte d’Appello di Brescia che lo aveva condannato alla pena di mesi 4 di reclusione ed euro 30.000,00 di multa per il reato di cui all’art. 10-ter d. Lgs. 74/2000 poiché – secondo l’accusa – ometteva il versamento dell’IVA per euro 357.438,00.
La difesa dell’imputato ricorreva innanzi alla Suprema Corte lamentando l’erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 649 cod. proc. pen. in base all’interpretazione dell’art. 4, prot. 7 CEDU e, in subordine, chiedeva sollevarsi questione d’illegittimità costituzionale dell’art. 649 cod. proc. pen. per contrasto con l’art. 117, comma 1, Cost. “nella parte in cui non prevedeva l’applicabilità del divieto del secondo giudizio, al caso in cui l’imputato era stato giudicato, con provvedimento irrevocabile, per il medesimo fatto, nell’ambito di un procedimento amministrativo, per l’applicazione di una sanzione alla quale doveva riconoscersi natura penale ai sensi della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dei relativi protocolli [costituendo] un’illecita duplicazione”.
La Cassazione, in accoglimento del ricorso proposto, ha evidenziato la necessità di doversi confrontare con la sopravvenuta sentenza della Corte Costituzionale n. 43/2018 che costituisce “un netto avanzamento anche rispetto all’interpretazione della giurisprudenza di Strasburgo”.